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Il lato oscuro degli U2

Inserito da on giugno 9 – 19:52 | 1.820 visite

Gli U2 sono una band che verrà ricordata sicuramente per il suo atteggiamento positivo e propositivo che ha sempre contraddistinto i quattro membri sin dall’inizio della loro carriera musicale.
Quello che andremo ad analizzare ora è il rapporto luci/ombre. Non esiste luce senza ombra e non esiste ombra senza luce.
Come dice il grande Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce”.

Il periodo più oscuro e cinico nella carriera degli U2 sono stati sicuramente gli anni ’90. Dal punto di vista musicale ma soprattutto dal punto di vista dei testi non si era mai assistito a qualcosa del genere da parte loro.
Questo significa che gli anni ’80 sono stati tutti rose e fiori? Certo che no.

In alcuni momenti e in alcune canzoni le sensazioni di oppressione e claustrofobia sono preponderanti.
Basta ricordare Tomorrow (October, 1981) con la sua ossessiva domanda ripetuta all’infinito “Non ritornerai domani?” e poi ancora “Fuori c’è qualcuno | Qualcuno sta bussando alla porta | Un auto nera è parcheggiata | A lato della strada “.

E ancora domande: “Chi guarisce le ferite? | Chi guarisce le cicatrici? | Tornerai domani?”.
Qui il senso di angoscia vince su qualsiasi cosa, la morte della madre è un ricordo ancora troppo vicino per il giovane Bono.

In Seconds (War, 1983) gli U2 ci danno un assaggio di puro e crudo cinismo.
Negli anni ’80 lo spettro di una guerra atomica era qualcosa in più di un semplice spettro, era un pericolo concreto.
Milioni di vite potevano dipendere dalla volontà di un solo uomo, l’uomo “con le chiavi” per l’attivazione della bomba atomica. Un semplice gesto come spingere un pulsante poteva e può annientare milioni di vite.
“Ci vuole un secondo a dire addio | Spingi il bottone e tira la spina”.

In Bullet the blue sky (The Joshua Tree, 1987) è l’intro con la pesante batteria di Larry ad avvertirci quale sarà il tono del pezzo insieme alla chitarra di Edge che in alcuni tratti ricorda una sirena antiaerea.
“In un vento ululante giunge una pioggia pungente | La vedi piantare chiodi nelle anime sull’albero del dolore”.

Questa è l’immagine del nuovo imperialismo targato USA che Bono ha visto in Salvador e Nicaragua durante i suoi viaggi di metà anni ’80.
Immagini di morte, bombardamenti, fuoco e distruzione.
La traccia numero 4 del capolavoro della band di Dublino appesantisce non poco l’atmosfera dell’album dopo le prime tre canzoni.

In Running to stand still viene affrontato il tema della piaga dell’eroina a Dublino ma la canzone non risulta inquietante ma piuttosto soffice e ovattata come per farci percepire l’effetto narcotizzante della droga.

Ma il peggio, se possibile, deve ancora arrivare.

In Exit vediamo dove può arrivare la cattiveria, o meglio la follia, umana.
Non si era mai vista, e mai più si vedrà, una canzone così cattiva e cupa nel repertorio degli U2.
In questa canzone si parla di un uomo che uccide in nome dell’amore (tema più che mai attuale).

“Sentiva la testa pesante | Mentre attraversava il campo | Un cane iniziò a piangere | Come un uomo con il cuore spezzato”.
Ancora angoscia opprimente, di quella che sembra volerti schiacchiare a terra.

“Mise le mani in tasca | Il suo dito sull’acciaio | La pistola era pesante | Lui sentiva il suo suo cuore battere | Stava battendo | Amore mio, amore mio.
Lui vide che le mani che costruiscono | Possono anche distruggere | Le mani dell’amore”.

Un omicidio consumato a sangue freddo come in un racconto noir. Questa canzone finisce in fiume di sangue e in un impeto di violenza.
Nella parte finale basso, chitarra e batteria suonano impetuose in un climax di una violenza quasi ancestrale dell’animo umano. Ora è la belva ad essere al comando al posto dell’homo sapiens.

Un assassino addirittura negli USA si dichiarò ispirato da questa canzone che da allora è stata marchiata come “maledetta” dagli U2 e non è mai stata più suonata.

Arriviamo dunque agli anni ’90, altro decennio di grande musica per gli U2 ma anche un decennio cinico e dalle tinte chiaroscuro.

Until the end of the World (Achtung Baby, 1991) è un dialogo tra Giuda e Gesù che vuole rappresentare la corruzione dell’uomo. Da Achtung Baby in poi la band irlandese inizia calarsi in quel pozzo profondo, e a volte inquietante, che è l’animo umano.

“Nel mio sogno annegavo i miei dispiaceri | Ma i miei dispiaceri hanno imparato a nuotare | Mi hanno circondato, mi hanno affogato | Versandosi fuori dal bordo | In onde di rimpianto e di gioia”.

Tradimento, sesso usato come mezzo, corruzione. Achtung Baby è stato un disco sofferto su cui è stato versato molto sangue e questo è solo l’inizio.

Acrobat è una canzone di protesta molto arrabbiata. È in primis però una protesta contro noi stessi, contro il nostro immobilismo. Se anche ci siamo resi conto che il mondo in cui viviamo forse fa più schifo di quanto potessimo immaginare dobbiamo rimanere saldi aggrappandoci ai nostri principi (se ne abbiamo).

“Non credere a ciò che senti | Non credere a ciò che vedi | Se chiudi gli occhi | Puoi sentire il nemico.

Nulla sembra avere senso | Nulla sembra stare a posto | Lo so che colpiresti | Se sapessi chi colpire

E devo essere un acrobata | Per parlare così | Ed agire così | E puoi sognare | Allora sogna più forte | Non lasciare che i bastardi ti polverizzino”.

L’equilibrio è molto precario e chi riesce a mantenerlo è un acrobata. La dimensione del sogno appare l’unica via di fuga. Ma attenzione perché è nei sogni che iniziano le responsabilità

In Love is blindness si torna a parlare di amore.
Ma è ancora un amore malato, destabilizzato e disfunzionale. Achtung Baby è un un album, anzi è forse l’album per eccellenza sull’amore disfunzionale.
Dicevamo quindi che è amore tra due persone, è amore che porta alla morte in nome di una causa ritenuta giusta.

L’amore è cecità e la cecità è tenebra. L’amore quindi è tenebra.

L’amore è cecità | E io non voglio vedere | Non avvolgerai la notte attorno a me

L’amore è un meccanismo ad orologeria | E freddo acciaio | Dita troppo insensibili per riuscire a sentire | Schiacciare la maniglia | Soffiare sulla candela | L’amore è cecità”.
Ma l’amore può anche essere una piccola morte senza avvertimento e senza lutto. È un amore che annega in un profondo pozzo pieno di segreti inconfessabili.
L’amore è tenebra che avvolge nella notte come il solo di Edge che qui è un vero e proprio grido di dolore e disperazione.

La versione che propongono nel 1990 poi gli U2 di Night and day (brano di Cole Porter) era già un chiaro sintomo di questa insofferenza e di questa percezione di oscurità.

Please e Wake up dead man (Pop, 1997) chiudono gli anni ’90 degli U2 in maniera veramente pessimista.
L’uomo del ventesimo secolo si affaccia sul ventunesimo in un modo del tutto inaspettato e soprattutto molto più turbato di come si sarebbe potuto aspettare.
È ancora l’angoscia e questa sensazione di marcio e di pochezza che ci circonda che emergono in superficie.
Please riprende esattamente dove si era fermata Sunday Bloody Sunday, il tema centrale è sicuramente la questione irlandese.
Ma c’è molto di più. Si parla di egoismo, autoindulgenza umana, c’è il sentirsi vittima degli eventi che in qualche modo può giovare alle persone.

“Così non hai mai saputo | A quanto ti saresti piegato per fare quella chiamata | E non hai mai saputo cosa c’era in terra | Fino a che non ti hanno fatto strisciare | E non hai mai saputo | Che il paradiso che avevi, lo avevo rubato.

L’amore è grande, più grandi di noi | Ma l’amore non è quello a cui stai pensando”.

In Wake up dead man si fa riferimento ad un nuovo miracolo di Lazzaro.
L’inizio del pezzo è più che mai eloquente: “Gesù aiutami | Sono solo in questo mondo | Ed è un mondo che è fottuto”.

L’uomo è completamente solo ed è da solo che si deve salvare.
“Ascolta le tue parole, ti diranno cosa fare | Ascolta oltre il ritmo che ti confonde

Se c’è un ordine in tutto questo disordine | È come un registratore?
Possiamo riavvolgerlo un’altra volta?”.

Pop finisce così, nella desolazione più totale.

In Moment of surrender (No line on the horizon, 2009) si torna a parlare di droga.
“Al momento della resa | Della visione oltre il visibile | Non notai i passanti | E loro non notarono me”.
Il cuore vuole ritornare al ritmo della sua anima, al ritmo della sua incoscienza, al ritmo che si vuole liberare dal controllo.

C’è una via d’uscita da questa prigione della droga ed è la “visione oltre il visibile”. Dopo tanta oscurità si inizia ad intravedere forse un po’ di luce ma il cammino è lungo e doloroso.

Cedars of Lebanon ha come protagonista un reporter corrispondente dal Libano. Una persona quindi che ogni giorno vede morte e dolore.
La chiusura della canzone è una perla di cinismo da parte di Bono.
“Scegli bene i tuoi nemici perché ti definiranno | Rendili interessanti | perché in qualche modo si preoccuperanno per te | Non sono con te all’inizio | Ma quando la tua storia giunge alla fine | Saranno con te più a lungo dei tuoi amici”.

In Sleep like a baby tonight (Songs of Innocence, 2014) viene affrontato l’inquietante tema della pedofilia.
La canzone si muove su sequenze oniriche ma in sottofondo serpeggia un senso profondo di inquietudine.

“La speranza è dove è la porta | Quando la chiesa è dove c’è la guerra | Dove nessuno riesce a sentire il dolore di nessun altro

Nei tuoi sogni tutto è a posto | Ma l’alba di domani è come un suicidio”.

Questo è il lato oscuro degli U2. Ovunque ci sia luce c’è un ombra di cui bisogna tenere sempre conto.
La musica di questa band ha però sempre dimostrato che può vincere le ombre con la propria forza positiva e luminosa.
Un po’ come quando si è a Dublino a passeggiare vicino al porto.
Il vento è molto freddo e la pioggia ti punge in viso come chiodi di ghiaccio e sembra non smettere mai.
Poi all’improvviso tutto si calma. Le nuvole si aprono ed esce il sole.

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